Pannelli Sociali

Per una sociologia agita ed agente

Un approccio relazionale nella progettazione ad una nuova gestione dell’anziano fragile

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Credo sia oramai giunto il momento per poter compiere delle riflessioni, anche per il fatto che è passato un tempo utile, dall’inizio della pandemia, per poterlo fare in maniera più lucida, sul sistema anziani, e nella fattispecie, anziani fragili, che sono stati i soggetti maggiormente colpiti in maniera severa da questo ultimo, nefasto, evento.

Mi pare ovvio sia doveroso un cambio di paradigma ed un nuovo ripensamento nei servizi a loro offerti dedicandosi ad una ri-progettazione partendo dal sistema dei bisogni. Al proposito, inizio con il dire che, più del fatto che debba essere il bisognoso a caccia del servizio a lui più consono, debbano essere i servizi ad andare alla ricerca dei bisogni, espressi anche in fase di latenza.

Nel decantato sistema dei servizi, il servizio socio-sanitario tende sempre più ad estromettere dal sanitario il sociale, che in questa veste rappresenta ancora la cenerentola dei servizi, a favore di una sanitarizzazione ingessata da mansionari e protocolli, quindi, da rigidità che costringono i contenuti ad adattarsi a rigidi contenitori.

Cosa intendo dire? Se è vero, come dovrebbe, che il collocare un anziano fragile all’interno di “strutture”, che già nel termine svelano una certa rigidità, dovrebbe essere l’ultima spiaggia cui giungere, è pur vero che se non si hanno alternative valide, spiaggette precedenti e che assolvano i bisogni espressi, restano alla struttura vane alternative sostenibili, quindi non praticate negli effetti.

Negli effetti, le alternative che precedono il condurre l’anziano fragile in strutture che li ospiteranno a vita, sarebbero, ad esempio, i Centri Diurni, strutture in cui gli anziani permangono per parte della giornata ed assecondando i bisogni dei familiari che, durante la giornata lavorano e non possono prendersene cura, si occupano della loro assistenza, socio-sanitaria, anche nei termini di mancanza affettiva e occupazionale, per poi la sera tornarsene a dormire, con i loro affetti, al proprio domicilio.

Poi, tra le spiaggette che precederebbero il totale distacco ci sarebbero ricoveri temporanei, limitati a brevi periodi di permanenza e che consentirebbero ai familiari che se ne occupano, o come li chiamiamo oggi, ai caregiver, di avere momenti di “sollievo” rigeneranti, che consentano poi, però, di ricondurre l’anziano al proprio domicilio.

Quindi, ancora tra le spiaggette che allontanano l’ultima spiaggia del ricovero permanente in una struttura, vi sono l’assistenza dell’anziano fragile al proprio domicilio attraverso l’ADI (Assistenza Domiciliare Integrata) di competenza dei Distretti Sanitari, ed i servizi in SAD (Servizio Assistenza Domiciliare) di competenza dei comuni e che “dovrebbero” assolvere a compiti di carattere sociale ed occupazionale, ludico e ricreativo, indirizzato anche ad un recupero o mantenimento cognitivo, oltre che quello assistenziale in senso stretto.

Va detto che tutti questi servizi esistono già all’interno del sistema, ma per varie ragioni, si promuove e si supporta soprattutto il servizio che conduce l’anziano fragile, dal proprio domicilio alla struttura, in via permanente. Tutti gli altri tre servizi hanno una valenza minimale in rapporto all’utenza che versa nello stato di un bisogno. Questo avviene per diversi e variegati motivi, cui qui faremo cenno, ma che potranno essere meglio approfonditi in altre sedi o tempi.

Ad esempio, per ciò che attiene i servizi in Centro Diurno, il primo anello debole è dato dal sistema dei trasporti: chi conduce e riporta al proprio domicilio l’anziano? La risposta è che, nella quasi totalità dei casi il compito è riversato sulle spalle dei familiari che devono trovare il tempo ed i mezzi per condurre l’anziano in struttura, compatibili questi con i tempi lavorativi e compatibili anche con le procedure spazio/temporali interne alle strutture ospitanti. Date le difficoltà, spesso si opta per la completa istituzionalizzazione dell’anziano.

Un altro problema è dovuto al fatto che, gli Enti pubblici, dovendosi sobbarcare di enormi spese per la gestione degli anziani fragili nelle loro strutture, preferiscono con-cedere o cedere del tutto, la gestione ad Enti privati che se ne occupino. Il problema è che, mentre gli Enti pubblici, per definizione, dovrebbero (mi si lasci spazio al condizionale), essere orientati al servizio, gli Enti privati, provenienti nella quasi totalità dal terzo settore, sono orientati al profitto o quantomeno ad una sostenibilità economica. Va detto che, una struttura per anziani fragili, sia essa una RSA o una RP… non riesce ad avere una sostenibilità economica se non supera un certo numero di utenti che sopperiscano il minimo sindacale imposto anche dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) descritti in normativa. Questo induce l’Ente gestore a reclutare al suo interno il maggior numero di utenti paganti. A sopperire tale fragilità del sistema subentra il convenzionamento, che dovrebbe, aumentare i servizi, il personale addetto e, se si vuole, calmierare le rette, ma anche qui, il condizionale m’é d’obbligo e vi è da dire che nel tempo le situazioni convenzionabili nel settore anziani si è ridotto, nella Regione Marche ad esempio, oramai si convenzionano nella gestione degli anziani, solo i casi di demenza senile. Quindi anche qui, nella concessione a privati di certe situazioni l’imperativo è aumentare il numero degli utenti da mettere in struttura che va però contro i propositi, volti al far permanere l’anziano al proprio domicilio onde garantire un maggior stato di salute e che ho espresso all’inizio di questa mia riflessione.

ADI e SAD, a questo punto, sono il nodo da cui partire, in quanto sono il primo approccio con cui la persona richiedente aiuto viene in contatto nel sistema dei servizi nel momento in cui, ancora, risiede nel suo contesto naturale ed affettivo (domicilio), ed in questa accezione, proprio per la sua salute, occorre la persona anziana permanga il più possibile. Affinché ciò avvenga, occorre anzitutto una integrazione fattiva delle due istanze e che inizierebbe ad esprimersi se avesse un’unica, chiara, direzione, orientata ad un servizio che sappia garantire, in maniera completa, nel caso, da un punto di vista sociale e da un punto di vista sanitario, un maggior ben-essere alla persona che versa in stato di bisiogno: l’anziano fragile.

Le stesse Unità di Valutazione Integrate (UVI) che decidono, all’interno del Sistema, la destinazione ad un servizio piuttosto che un altro, vanno concepite non come asettici contenitori di schede da compilare orientate ed indirizzate da algoritmi, ma come gruppi multidisciplinari, fatti di persone, in carne ed ossa, pur nella veste professionale acquisita, e quindi di passioni che orientino finalità condivise sempre al raggiungimento di un maggior ben-essere. Le èquipe UVI, devono essere composte da persone fisiche, con competenze specifiche e che si incontrano, fisicamente, dando corso, per ogni caso, ad una dialettica volta al raggiungimento di un benessere nel quando si orienta l’anziano fragile al servizio di cui, lui, ma solo lui, ha bisogno, non chi lo gestisce. In questo gruppo, “deve” essere inserito anche un rappresentate dei familiari ed anche qui, quando dico famiglia, la intendo composta nelle varie declinazioni (tradizionale, aperta, mista…). Al proposito, si parla, in fase di progettazione di PAI, che dovrebbero essere dei progetti fatti per ogni singolo individuo, ma per essere tali, occorre si instauri una dialettica sincrona, vengano al contempo predisposti in questa sede, modi e tempi di verifica dando non per aprioristicamente buono un intervento. Mentre esse si rivelano sempre più, nella veste di un mero compilare di asettiche schede, una pratica di ordine buro-corporativo. Come sempre sopravanza l’assetto sanitario, orientato a mansioni e protocolli, che semplificano ma robottizzano il sistema, mentre viene estromessa quasi del tutto, la componente umana e sociale, che è, o meglio, dovrebbe essere, l’elemento centrale e propellente del sistema in oggetto. Manca insomma un approccio relazionale al problema.

Se guardo la cosa da un punto di vista relazionale, allora dovrei mettere in gioco, gli obiettivi e le finalità che orientano (la politica), le risorse ed i mezzi di cui dispongo per il loro raggiungimento (gli esercenti le varie professioni socio-sanitarie, le strutture o i domicili ricettivi..). Quindi mettere in relazione queste con le norme che entrano in gioco (mansionari, protocolli, codici deontologici…). E non per ultimo, i valori che risiedono dietro queste e che partono dal giuramento di Ippocrate, ai valori etici e costituzionali di riferimento…. Insomma, affinché tutto questo funzioni, affinché il sistema si spinga al far permanere presso i propri affetti, la persona anziana, occorre che tutte le componenti suespresse vengano messe in relazione, considerando poi quali siano, in vista dell’obiettivo che ci si è dati, i vincoli e le facilitazioni in esso sistema percorribili o da evitare.

Devo inoltre precisare che, tutto questo non vuol dire che le RSA e le RP o altre situazioni rigidamente strutturate non debbano esistere, ma che invece debbano essere ripensate in maniera più umana, più malleabile, ed indubbiamente va ridotto ai minimi termini, riservato a casi indispensabili, il loro ricorso. Mentre vanno ripensate le politiche volte ad un assistenza domiciliare dove ciò è possibile, in modo siano meglio accessibili e più fruibili nei termini di un servizio.

Purtroppo, occorre rilevare che è proprio la politica, nei termini di finalità che orienta, a difettare e rendere difficoltoso, nei termini di vincolo, un approccio relazionale e che qui propongo.

 

Si pensi, ma solo a titolo di un esempio tra i tanti, a due figure di riferimento nel caso qui proposto: il Coordinatore d’Ambito Territoriale Sociale (ATS) cui compete il coordinamento dei servizi sociali dell’Ambito di riferimento, ed il Direttore del Distretto Sanitario (DS) dello stesso ambito di riferimento. Bene, il primo viene scelto, su base discrezionale, dal riferimento amministrativo dell’Ente capofila dell’ambito, e che spesso è il sindaco di un comune.

Ora, essendo un sindaco legato al sistema dei consensi, la figura del coordinatore d’ambito, scelta su base “discrezionale”, in pratica decide un sindaco la sua nomina, dovrà garantire anzitutto, non competenze, ma fedeltà alla linea politica imperante in quel momento e che dia garanzia di un riscontro elettorale in termini di consensi. Se invece nel caso, si indicesse un concorso pubblico, il pericolo, o quantomeno la tentazione, che così sia, verrebbe per buona parte evitato. Uguale o simile questione, si pone per il Dirigente sanitario, pari grado, seppur in altro comparto, del coordinatore d’Ambito, che comunque, viene scelto come fosse un guardiano della salute delle “casse”, e non su un computo di entranti malati, uscenti guariti, quindi scelto sulla garanzia di mantenere un pareggio di bilancio e, nel caso disattendesse questo obiettivo, verrebbe licenziato.

Questa mia, breve o lunga disamina, dipende poi dalle motivazioni di chi legge, parte da un approccio relazionale che potrebbe continuare, nell’approfondimento molto più dettagliato dei singoli componenti del sistema, come detto, si poggia su un nuovo paradigma, ma il paradigma relazionale ha senso ed è funzionale, solo nel momento in cui tutte e quattro le componenti (Finalità, risorse, norme, valori), che poi esprimono sia la componente strutturale che quella dei riferimenti, coesistono in simultanea. E se analizzo, durante il mio progettare in tal senso, tutte le relazioni in termini anche di vincoli e facilitazioni, vedo che la parte delle finalità, che tra l’altro orientano, e mi riferisco alla politica quindi, si pone come vincolo e, se non si pongono ad essa correzioni, sia in termini strutturali, che in termini di riferimento a valori, lungo le stesse finalità, ogni progetto che si cercherà di porre in essere, avrà sempre un debole supporto al sostegno progettuale che renderà, nel tempo, franoso ogni intervento.

Non partiamo nel caso, da uno sguardo sull’anziano, e neppure sul sistema. Partiamo invece dalla relazione che tra questi intercorre per dare corpo ad un progetto che ne garantisca un reale benessere.


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