Pannelli Sociali

Per una sociologia agita ed agente

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La scala

Diceva l’asse al piolo
– stringiti forte a me
non farmi star da solo.

Rispose il piolo all’asse
– mi stringo forte assai
sia mai qualcun cascasse.

Poggiati in su lo muro
o su pel bel ciliegio
l’infante è al sicuro
e uniti siamo un pregio.

La vita è un saliscendi
c’é chi si sale o cala
divisi siam gli addendi
ma uniti siam ‘na scala.

(M.M)

 

Modelli di civiltà: Atene e Sparta

I Re un tempo, chiusi dentro le lor mura
volevan la città, isolata, forte e sicura.
Il pericolo veniva dal sentir novel pensiero
che portava, nell’urbe, il forestiero.

Poi Atene, combattendo aprì i suoi porti.
Mentre Sparta diede il via alle basse corti
Atene vinse nel suo sogno d’avventura
mentre Sparta perirà per la paura.

Si diceva con coscienza “Civiltà, lei vien dal mare”.
Ma oltre a nuove conoscenze, si iniziò a conquistare
Dominaron le ragioni delle guerre e dell’intasco
e dai mari s’avazaron le ragioni del fuggiasco.

 #chiusidentro

 

 

 

Ponti ..punti d’unione

A tratti assecondo Poseidone,
in altri chiamo Eolo in aiuto
ma tutto ciò che compio è per passione,
ed è da Lei nutrito ch’io mi nutro.

Tu dunque vedi un uomo poetante,
un musico, stratego, un navigante,
ma quel che dei tuoi occhi a me occorre,
è saper quel che tu vedi dalla torre

Di te io ciò che vedo è la sapienza
e a questa devo sol riconoscenza.
Giacché mi sei prezioso, io ti cerco,
perché tu sei la rotta ed io il natante,
poiché io vivo quel che a te è distante…

 

Dilemmi

Tessere o
non tessere
questo è il
problema.

Se sia più nobile sopportare gli ortaggi,
olive, zucchine ed altri foraggi,
o accendere un mutuo d’un fuoco che abbaglia,
attaccarsi a qual cosa che sia Forza Italia.

Mangiare in un piatto
la stessa minestra,
oppur fare il matto
e volgersi a destra.

La chiesa spogliata
di Santa pazienza
di tutto occupata
ma non di Vicenza.

Sparare, Morire, Forse.
Speranze, Credenze, Perse:

Tra chi scende in campo
e chi sale in pista
non ho vie di scampo
e voto a sinistra.

Tessere
o non tessere
questo è il
problema

Se sia meglio rammendare
quel che s’è costruito
o tesser a nuovo e non ricordare,
rifare d’accapo sia trama che ordito.

Costruire legami,
mangiare legumi,
sputar nei tegami
invocar certi numi.

Tessere, filare, flirtare, forse.

Tessere
o non tessere
questo è il
problema.

 

In Morte (eccezioni)

Ognun verrà chiamato innanzi alla Sua Corte
In dote Essa fu data e compagna della Sorte.
Mai dote più nefasta ancor ch’avesse sete
che tutto quel che è ingombro Ella miete.

La Vita è luce Sua, ad Essa Ella adduce,
poiché essendo ombra si nutre della luce.
E nel venir a luce, l’infante ad essa tende
è regola innata che a ognun di noi s’attende.

La regola rettifica e norma l’imprevisto
ma esso è calcolato, ella l’avrà pur visto.
La Morte è regolare alla nostra condizione,
chi dice ch’Io non sia di regola eccezione?

 

Poes-se

Inviai distrattamente qualche verso

lo invia sedotto dall’anima mia

che m’aveva dirottato in pensier perso

e raccolto da qualcun come Poesia

Nel contesto vestii i panni dell’autore

la notizia fu per me una cosa lieta

e se a volte sono stato un cantautore

qui si dice possa esser pur poeta..

 

Elezioni urbinati

Se i responsi sono veri

i fanesi quatti quatti si fan Seri

per Urbino la faccenda non è chiara

s’abbandona la sinistra e con essa Maria Clara

Sessant’anni con lo sguardo alla sinistra

il ducale con la destra scende in pista

e con Sgarbi ci s’appresta all’alternanza

si che ‘l cor ceda il passo per la panza

poi con Carrabs, che sorpresa!

Sopraggiungon toni loschi

nella busta della spesa

or s’acquista pur la Foschi.

Or che tutto è appalesato

grido ai vecchi ed ai piccini

non sarò male-ducato

buon governo al sor Gambini!

 

Il sasso sopra

Lo dico chiaro, lo dico tondo

se fossi foco arderei il mondo.

E anche se giro a intelletto basso

sull’ingiustizia non metto un sasso.

Il sasso è mortale. E’ lapidario.

Non cede allo sforzo,

non cerca un salario.

Perché se il problema

l’ho inver seppellito

non cerco un sistema

ma un falso quesito.

Lo dico tondo, lo dico amaro

si tolga il sasso e si faccia chiaro


(Canzone dedicata al luogo della mia adolescenza,

Ca’Rio in dialetto, Che Rio (PU)

   

 

     

 

Canto alla Gola del Furlo

La dove il fiume tocca la gola

il nodo si scioglie e l’aquila vola

come un pensiero slegato nel nulla

il sogno corre alato e si culla

Li dove il prato incontra rugiada

e la magia fa che tutto accada

ogni anfratto si svela al mistero

nell’infinito odo un canto sincero

Furlo oh Furlo, visione carsica di note incantate

Furlo oh Furlo, tra gnomi e fate del silenzio mi burlo

come una perla che ha lacrimato il suo pianto

tu vai splendendo

Nei tuoi profumi già di prima mattina

cantando al daino che assapora la brina

va lo scoiattolo riottoso di boria

e l’uomo in basso che ha scavato la storia

In alto impera un viso un po’ truce

narra di storie di errori e di un Duce

ma sotto il fiume grattando la pietra

scocca saggezza dalla sua faretra

Canto di un oracolo

Sciogliti gli ormeggi, lasciati sognare

fuggi nel riflesso d’un sospiro ancestrale.

Lustrati le scarpe, guarda verso il mare

dormi di quel sonno che ti porta a fluttuare.

Hoem!

Cala l’asso a picche, giura sulla sorte

allusivo illudi, giochi duro con la morte

senti negli sguardi, sinfonie di cori

butti a monte il gioco con il fante di cuori.

Stagni colorati, fate sfaccendate

giovani libellule lucenti ed ammaliate

emozioni blande, ricche tentazioni

frenano il risveglio da fameliche visioni

Rit.

L’oracolo si sveglia, sta ballando in FA,

seduto sulla luna ode quel che s’avverrà

Ridono le stelle, d’un sorriso amaro

strapperanno il cuore ad un giovane baro

Soli senza suoli, lacrime e dolori

spazi confinanti segnan falsi timori

belve sanguinanti, spore di rancori

coprono di rosso tutti gli altri colori

Succhi di carote, ricche piantagioni

ammorban le coscienze con turgidi bastoni

Teste reclinate, in morte supponenza

nel sonno addormentata ogni singola coscienza

Legge di leggenda, sacra è la faccenda

nel giudizio di uno sguardo freme e s’avvicenda

Tavole imperiali, Bacco sta in cantina

templi aperti ai Segni per dimora divina

Rit.

Specchi levigati, colmi di mercurio

abbagliano l’aurora d’un futuro ancora buio

le origini dei luoghi, colmi d’avarizia

acclamano festanti sulle torri di giustizia

Polveri sottili, oli dentro al mare

mi rigiro indietro e ricomincio ad iniziare

e ritorno all’uno, il tempo del miraggio

il verboso verbo traccia forte il suo linguaggio



 

I Carnigetariani

Mario mangia carne, e non si sente in colpa per questo. Tutte le volte però che incontra Pino, essendo questi vegetariano, gli tocca di rispondere alle accuse che gli vengono continuamente mosse. “Odi gli animali”- dice Pino rivolgendosi a Mario- “altrimenti non li mangeresti”. “Ma come- ribatte Mario- vuoi dirmi con ciò che tu sei vegetariano perché odi le piante?”.
Povere betulle dall’esile stelo, strappate alla madre terra per essere stritolate nella morsa di molari premolari e canini i quali ambirebbero a qualcosa di ben più solido, un maiale, una lepre, un cinghialotto, ma accanirsi su povere betulle proprio no!
Mario riflette, I Carnigetariaentre un molare suo discute con un canino con veemenza sulla pretesa di quest’ultimo di appioppare l’ultimo brandello di carne al molare, finché arriva a risolvere ogni contenzioso orale messer Stecchino.
Mario riflette e cerca un movente alla colpa che Pino gli addossa. “Se ci sono animali che odio, se così si può dire, questi sono i ragni, ed ho pure schifo delle cavallette ma, persino le mie viscere, se avessi l’intenzione di papparmeli, si ribellerebbero tentando di farmeli ricacciare fuori”. “Non è quindi ciò che odio- continua Mario- ciò che io mangio”. “Semmai mangio ciò che in un certo senso amo”.

Pino, differente da Mario perché caga verde, non è del tutto convinto. In fin dei conti Mario gli sta accollando una colpa che non lo convince per nulla. Il capro ha sempre fatto gli occhi dolci a Pino ed ha da sempre paura di Mario e dei suoi molari. Mentre un isolato verme solitario, schifando Pino, si mette a fare gli occhi dolci a Mario.

A questo punto entra in scena un tenero gattino che si siede sulle ginocchia di Mario.

…e Mario torna nelle sue riflessioni: “Io amo il mio gattino, non me lo mangerei mai. Allora è vero, io mangio ciò che non amo, eppure non mi sento di odiare il cinghiale”.
Continuando ad accarezzare il suo gattino, Mario si mette con lui a conversare amorevolmente,
come fosse uno di famiglia, uno perfettamente contiguo alle mura domestiche. Il micio è si un animale, ma domestico.

Mario ha allora l’ennesima intuizione: “Io mangio animali, ma mangio solo quelli che riesco a tenere a dovuta distanza, ma per dovuta intendo quelli che non mi sono troppo lontani ma neppure troppo vicini”. Ed infatti il gatto, così come il cane, mi sono eccessivamente vicini per poterli mangiare e digerire tranquillamente, mentre il ragno o la cavalletta, mi sono troppo distanti per la differenza che li contraddistingue con il mio essere uomo. Il cinghiale invece, tenendosi ad una distanza accettabile, mi è digesto.

Mario, cercando di essere intellettualmente onesto con se stesso, continua nel suo peregrinare metaonirico, mentre Pino, …Pino continua a cagare verde, e non trattasi di bile.


Frasi sparse, pensieri, strimpellate improvvisate.. (Mirco)

Data la smania spasmodica di comunicare tutto su facebook da parte di molti parlamentari, non conviene chiuderlo ‘sto parlamento e creare un gruppo face? Che so..”Sei del parlamento se..”. Eviteremmo rimborsi spese ed altre cose.

Identità negate ed altre storie…

Io non riesco proprio ad allinearmi a questo zombificio festaiolo che ha snaturato sia la.. festa di ognissanti che la commemorazione dei morti. Un anziano signore ieri mi ha detto: “Mia nipote va a festeggiare Aulin, ma non ho ben capito che festa sia…”. Una goliardata antinfiammatoria che interrompe i laconici silenzi del lungo inverno, dopo le pazze estati danzate “sotto il sole, sotto il sole, di Riccione, di Riccione…” intermezzando il fermo commerciale con acquisti, prima che si riinizi con i fasti mangerecci e goduriosi in onore all’illustre nascituro di Betlemme. Da buon laico, forse un po’ nostalgico per la vocazione perduta alla poesia, non mi resta che chiudermi in un caldo solipsismo e, imbracciata la chitarra, ricordar Guccini:

“Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti,
lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti…
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada
te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada…”

 

..e comunque, anche tutta questa derisione al senatore Razzi.. è razzismo!

Ci sono momenti. Ci sono spazi. Ci sono.

Ma, quando ci si stufa, si carbura a pellet o a legna? #carburare

Quando qualcosa non quadra, s’arrotonda. In genere per difetto.

Ieri ho comprato un vestito. Se lo abito, pago l’IMU?

Da bambino andavo in colonia. Dopo barba.

..poi presentandosi lei m’ha detto: “Piacere So fia”. Le ho risposto: “Piacere so adulto”

Con ‘sto caldo commetterei un reato pur di andare al fresco.

Fingeva di raffreddare mimando flebilili folate di vento. Era un ventilattore!

Se arrivi in ritardo, sei aggressivo. Se arrivi in anticipo, sei ansioso. Se arrivi puntuale, sei pignolo. Sto a casa che è meglio.

Oggi era cosi caldo che pure i virus dell’influenza hanno chiesto asilo politico!

Oggi era talmente caldo Che mi si asciugava il fono!

Fa caldo e.. come si dice, chi l’afa..l’aspetti!

Caproni è un poeta, non il superlativo plurale di un insulto sgarbiano! #maturita2017

..io direi che è ora di finirla con ‘sta storia che dopo la domenica viene il lunedi!

Ho un amico talmente tirchio che anche le cose che dice sono scontate.

La mano che aveva lanciato il sasso era nascosta a lavar l’altra mano che a sua volta la lavava.

Contro ogni extracomunitario del pensiero e coloro i quali vivono senza permesso di soggiorno nei meandri della ragione

Trump diceva che se tutti fossimo armati saremmo più sicuri tutti. Ma sicuri da chi?

Dopo il crollo delle ideologie, guardavo comunque a sinistra, poi ancora a sinistra, poi ancora più a sinistra…azz! era ‘na rotatoria…

Nominare Tiziano Treu presidente del CNEL, dopo che votò per la sua abolizione, è un po’ come nominare Giovanardi presidente dell’Arci Gay.

Erigiamo muri e barriere ma..ricordiamolo, un cancello la, non è un cancellalo.

.e così disse il gabbiano: La gabbia no!

..guarda che, se fai sesso sfrenato godi solo se in discesa.

Caro Briatore, vuoi sapere come si fa a vivere con 1.300 euro al mese? Se mi paghi la consulenza 2.600 euro al mese te lo spiego.


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