Pannelli Sociali

Per una sociologia agita ed agente

LETTERA APERTA AI SOCIOLOGI ED ASSOCIAZIONI

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LETTERA APERTA AI SOCIOLOGI ED ASSOCIAZIONI

(Premesse alla fase costituente di un gruppo lab. per il sociologo delle relazioni)

Uno degli obiettivi cui si intende giungere attraverso il percorso-progetto intrapreso con la sociologia relazionale, sarebbe quello di agire la sociologia, anche nel micro, così come nel macro, attraverso però un approccio differente.

Ciò che mi ha entusiasmato di questo approccio, che non è una sintesi di altri approcci, ma neppure ne è la negazione, è dovuto al fatto che, la sociologia relazionale, non esalta l’Io e neppure il Tu, si occupa piuttosto della relazione che intercorre tra quell’Io e quel Tu. Così, se la parola è un ponte che un Io getta ad un Tu, il sociologo relazionale analizza quel ponte (la relazione), se vogliamo rimanere nella metafora proposta e lo analizza attraverso strumenti suoi propri. Lo schema AGIL, di parsonsiana memoria, viene scomposto e ricomposto da Pierpaolo Donati, in Refero (dimensione referenziale), G-L dello schema AGIL e che va ad identificare il mondo dei significati simbolici, ed in Religo, A-I (dimensione strutturale) del sistema AGIL, che va ad individuare il legame tra due persone. Lo schema proposto in pratica viene ad essere una sorta di “bussola” che orienta all’interno di una relazione. Oltre a questo, Margaret Archer introduce un paradigma partendo da quella che lei chiama “Conversazione interiore”, una sorta di riflessività analizzata però in senso relazionale.

In base a questo paradigma, anche il rapporto tra “esperto” ed utente, viene mutato nel senso che, all’utente vengono riconosciute le massime competenze nell’essere portatore di bisogni. In questa accezione, progetto ed intervento, non vengono più diretti dall’offerta, ma dalla domanda di reali esigenze dei destinatari, che devono poi essere condotti ad una esplicitazione.

Il sociologo relazionale, che in questa veste professionale diviene professionalmente un consulente della relazione, accompagna l’utente verso la costruzione di un progetto ed in questo, si evidenzia una stretta relazione tra consulente ed utente, volta all’analisi della rete di relazioni in cui l’utente è immerso divenendone un nodo.

Il punto da cui, consulente ed utente partono, è quello volto a promuovere un cambiamento che possa, nell’evidenziare punti di forza e punti di debolezza, volgersi verso un cambiamento di maggior ben-essere.

Come si fa in ogni progetto, consulente ed utente, dopo aver “illuminato” il “fatto”, cominciano a costruire un “albero degli obiettivi”, individuando l’obiettivo principale e di seguito tutti i sub obiettivi riconducibili all’esigenza di cambiamento che quel tipo di utenza richiede. In questo, anche in questo, quella del sociologo relazionale, partendo da un suo specifico punto di vista, si propone come professione d’aiuto.

Dietro queste brevi considerazioni, si muove il mio intendimento nel momento in cui proposi un incontro tra sociologi interessati al paradigma relazionale, di evidenziare il fatto che la sociologia si dirige verso un cambio di approccio, sia in analisi, sia in comprensione dei fenomeni posti sotto la lente, e che spinga ad esplicitare un’autonomia professionale che indirizzi il sociologo ad agire la sociologia anche nel quotidiano vivere.

Quando si fa un progetto di qualsiasi tipo, il progettista ogni tanto deve fermarsi e dar risposta principalmente a due domande: per “Chi” e per “Cosa” progetto. La Archer ad esempio, nel descrivere la prassi procedurale che caratterizza il suo paradigma relazionale, inizia dal fatto che, il portatore di bisogni, o utente, ed il consulente relazionale si pongono la domanda: Come? Perché?

Ora, dato che molto spesso il sociologo stesso vive dei disagi nel definirsi ed identificarsi come professionista, attraverso questo percorso che ho intrapreso con alcuni, si intende adottare gli strumenti relazionali per iniziare ad “illuminare” il problema, inserirlo nella rete di relazioni in cui è immerso e valutare le relazioni “rischiose” per poi proporre rafforzamenti delle parti positive che il reticolo evidenzia. Il gruppo proposto, nel percorso inizia farsi quindi laboratorio, nell’accezione che, al suo interno si lavora partendo dal delimitare e circoscrivere il fatto che esprime un disagio, ad esempio: quale professione per il sociologo? Ciò ovviamente, pone subito in relazione il sociologo con la Sociologia in cui, il fatto rilevato, viene inserito come nodo di un reticolo di relazioni.

Mi è stato chiesto di includere in questo percorso anche le Associazioni varie che rappresentano la categoria, ma ho spiegato che, prima di tutto occorre che noi, coloro i quali hanno con me iniziato questo percorso, si abbia le idee chiare, in secondo luogo, nell’analisi dei problemi, il legame, la relazione tra sociologi ed Associazioni va esaminato come tutti gli altri nodi che definiscono lo schema AGIL in termini di: risorse? Strumenti?… Insomma, nei termini di una relazione, questo sicuramente andrà a sollevare la questione di quale tipo di relazione si instaura tra Associazioni ed affiliati e tra Associazione ed Associazione. Indubbiamente e nel caso, le Associazioni non potranno non essere coinvolte poiché sono, di fatto, all’interno di una Rete di cui anch’esse ne rappresentano uno dei nodi. Vanno altresì evidenziati i riferimenti simbolici, anche nella forma sostanziale di paradigmi di riferimento. Insomma, il gruppo costituente, focalizzandosi sui disagi espressi dal sociologo nell’identificarsi come professionista e nell’inserirsi nel sistema “mondo del lavoro”, orientandosi attraverso il paradigma AGIL, avrà il compito/esercizio di apportare in questo un cambiamento attraverso gli strumenti offerti dalla Sociologia relazionale.

Al momento ci siamo dati una sorta di compito di “riscaldamento” per il prossimo incontro: dare un nome al gruppo/Lab.


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