Pannelli Sociali

Per una sociologia agita ed agente

Dalla secolarizzazione dell’alcolismo al “Binge drinking”

Social

Premessa

Vie di fuga

Le vie di fuga, spesso descrivono un disagio che andrebbe indagato a monte per risolvere la causa che ha provocato l’atto. In genere la fuga è un sintomo, non la causa, ed in qualità di sintomo occorre in primis averne piena consapevolezza in modo da individuarne la causa e gestirla per operarne un profitto volto alla ricerca di un duraturo benessere.

Uscire da un gruppo, nel quale magari non ci si sente a proprio agio, esprime un disagio, una sofferenza, una inadeguatezza… Si può evadere da un gruppo, pur rimanendo al suo interno, attraverso modalità differenti. Una delle modalità è praticata dal silenzio. Un’altra, ad esempio, potrebbe essere data dal cambiare discorso. Sono evasioni cui spesso abbiamo assistito mentre frequentavamo un gruppo di amici, un gruppo di lavoro.. I gruppi possono essere frequentati da persone molto loquaci, ma anche da persone che rimangono in disparte, silenti, senza mai intervenire se non sollecitate nell’esprimersi da qualcuno che si accorge di certe alienazioni. Le ragioni di questo sentirsi inadeguati o “fuori luogo” possono essere tante. Ricordo ad esempio il caso di una signora che, partecipando ad un corso di sensibilizzazione alle dinamiche di gruppo di cui io ero il “conduttore” la quale, domandandole come mai non intervenisse mai alle discussioni emergenti nel gruppo, ella mi confidò che, essendo una quasi ottantenne, si sentiva fuori luogo in un gruppo in cui l’età media era di 30 anni. In altri casi, invece, l’inadeguatezza veniva dal fatto che, ad esempio, un maschio era inserito all’interno di un gruppo tutto femminile o, al contrario, da una femmina inserita in un gruppo tutto maschile. Ancora, ed a rimarcare i disagi provenienti da gruppi poco eterogenei, si manifestano disagi nel momento in cui una persona, diciamo poco istruita viene inserita in un contesto di persone con alto grado di istruzione.

All’osservatore, al conduttore o facilitatore che sia, il compito di leggere questi segnali e su di essi far riflettere il soggetto vittima del disagio ed il gruppo nella sua interezza in modo che se ne abbia consapevolezza e ci si indirizzi poi al dar risoluzione al disagio stesso.

Anche Ellemire Zolla, nel suo “Uscite dal mondo”, accomunando i nuovi mondi virtuali, oggi invasi dai socialnetwork, chat-line, forum… alle droghe psichedeliche degli anni ‘60, evidenzia un dis-agio al quale si risponde con l’uscita da un mondo di costrizioni per evadere in mondi illusori che danno una momentanea sensazione di benessere, ma che nel tempo segnano e delineano uno stato di frustrazione.

L’odierna Società evidenzia questa insofferenza attraverso plurimi segnali che noi dovremmo saper leggere, rendere coscienti ed interpretare. Oggi ad esempio è una pratica comune quella di tatuarsi, cosa che anni fa era relegata a detenuti o ai marinai. Tra le varie cose, fatte salve le connotazioni mistiche o religiose, il tatuaggio asseconda un desiderio di identificazione, anche nel segno di un’appartenenza.

Ovviamente certi “segni” o segnali abbisognano di una contestualizzazione adeguata e di un approfondimento. Ma si possono leggere anche come sintomi che servono ad interpretare le cause di un malessere profondo.

Questo preliminare mi aiuta comunque ad introdurre un argomento, quello di un disagio giovanile e del conseguente abuso di alcol, letto anche sulla base di variate modalità di assunzione rispetto ad un tempo.

Se posso avanzare una metafora, i giovani sono come una bottiglia di spumante, ripetutamente sbattuta, ma alla quale si mantiene il tappo. Lo sbattimento provoca anidride carbonica la quale cercherebbe una via d’uscita all’esterno che, essendo occlusa dal tappo, rischia di provocare un’implosione interna. Parimenti i giovani, carichi di energia in continuo movimento, cercherebbero una via di sfogo verso un futuro possibile, ma vedendosi occlusa questa possibilità nella Società attuale, rischiano di implodere in pratiche autodistruttive come l’abuso di alcol, droghe, ecc…

Un Sistema che non permette un processo omeostatico con il suo Ambiente di riferimento e che non consente vie di fuga, è un Sistema co-stretto che rischia l’implosione o l’atrofizzazione. La chiusura verso un futuro possibile e soprattutto comunicabile, genera frustrazione e conseguentemente un’evasione verso paradisi effimeri ed illusori che danno una risposta inadeguata ad un mal-essere.

Da un segno di-vino al vin santo verso un etilismo secolarizzato

Il vino, nell’immaginario della nostra cultura svela una parte poetica ed induce ad una assunzione onirica. Il vino viene accostato simbolicamente al sangue, anche per il suo colore, e la vite, alla vita, anche nel senso che il sangue è, sinonimo di vita. Per queste ragioni, il rapporto vino/vita ha condotto ad assumere il vino quale bevanda di vita e di immortalità. Spesso, l’ebrezza fisica viene ricondotta all’ebrezza spirituale in funzione della quale ci si libera dai vincoli e dai condizionamenti del mondo esterno.

Anche nel mito di Dionisio, divinità greca cui taluni farebbero risalire il nome di Dio, l’ebrezza starebbe alla base di ogni conoscenza che però non nasce da un’esperienza empirica, ma da una visione intima ed interna, quindi intuitiva del soggetto.

Nei testi evangelici, Dio è il vignaiolo che chiede a suo figlio di visitare la sua vendemmia (Marco 12, 1-11) mentre in Giovanni (15, 1) Gesù si proclama il vero ceppo di vite e gli uomini non potranno essere la vigna di Dio se non dimoreranno in Lui.

Possiamo asserire a questo punto, che gli alcolisti dell’oggi, rifiutando il presente, rinnovano il mito di Dionisio allo stesso modo per cui le Baccanti ricorrendo al vino entravano in uno stato di possessione estatica in cui era loro consentita la comunicazione con Dio stesso.

Con Bacco, il Dionisio romano, si da il via all’orgia collettiva contornata dal vino ed a tutti gli eccessi che ne conseguono. Freud effermerà che: “L’eccesso fa parte della natura della festa, la disposizione gioiosa è prodotta dal permesso accordato di fare ciò che è proibito nei tempi normali”.

In questa accezione, la Festa, come sottolinea Serena Rossi: “…viola il sistema dei valori sociali trasformandosi paradossalmente da elemento di distruzione in elemento di costruzione; attraverso la confusione mentale prodotta del vino bevuto in eccesso, raggiungendo così la fusione.”

Su questi concetti ruotava pure la ciclicità degli eventi naturali simboleggiati dal serpente che si morde la coda, azzerando il tempo in un sogno estatico di immortalità.

Nel senso di un Noi plurale, il vino è stato protagonista anche attraverso pratiche iniziatiche che introducevano, nel gruppo o nel clan, il nuovo elemento. Ma oggi, al pari di tutte le arti espressive, pure l’approccio all’inebriatezza vive la sua secolarizzazione.

Negli usi, o ab-usi moderni, l’alcol non ha più riferimenti al sacro e neppure ad un senso di appartenenza. Esso manifesta puramente un senso di fuga da un mondo di costrizioni senza intenti costruttivi. La Festa stessa ha cambiato aspetto, passando ad inaugurare, con la morte della festa, come intesa nell’antichità, la festa della morte.

Oggi si partecipa ad ogni evento manifestando un senso di introiezioni. Si ha un corpo svuotato del senso di un Io, quindi di un Noi, un corpo intesto nella sua unica funzione biologica. Si è regrediti in una fase orale, come ben specificherà Guido Contessa in “L’Animazione” fase in cui si introiettano cibi, bevande, musica, suoni assordanti e luminosi fuochi artificiali per l’unico piacere di soddisfare occhi, bocca, orecchie…mettendo in scena uno zombificio di vuoti corpi volti ad una terra di nessuno perché svuotati di un senso.

In questo scenario, la vite ed il vino perdono ogni riferimento simbolico, diventando Spritz, le occasioni di incontro “apericena”, in cui il gruppo diviene un assembramento afinalistico.

Il vino, come poteva essere nelle comunità rurali, non è più il viatico per essere veri uomini e neppure l’oscuro segreto di casalinghe che, nella loro solitudine domestica, di nascosto lo consumavano. Le società postindustriali hanno trasformato l’approccio all’inebriatezza in qualcosa di differente e con minori differenziazioni di genere.

Se gli uomini bevevano un tempo anche e soprattutto per dar sostanza ad un senso di appartenenza, mentre per le donne pare che oggi il bere rappresenti una sorta di Status Symbol, così sostiene Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcol. L’alcol, infatti, può essere considerato un “lubrificante sociale”, in grado di far perdere il controllo razionale, disinibire e mettere in condizione di poter affrontare con più disinvoltura le relazioni. “Attraverso il marketing, la comunicazione, i media e i luoghi di aggregazione l’alcol diventa un valore, che riscontra anche successo, soprattutto perché in quell’età si è più timidi rispetto alla norma”.

“Ci sono donne che possono avere sensi di rivalsa, per esempio nel dimostrare di essere capaci di fare quello che fa un uomo”, spiega Scafato. Oggi sono anche aumentate le occasioni di bere, per esempio per le donne in carriera che svolgono attività lavorative dove c’è una elevata necessità di relazione. “Il ruolo delle donne è cambiato rispetto a prima”, commenta l’esperto. “Escono e si incontrano di più, e hanno più vita sociale”.
Quindi, come sostenuto in premessa, per quanto attiene alle donne ed al consumo di alcol, nell’odierno non abbiamo più il maschio che si ubriaca in compagnia e la donna, tra le mura domestiche ed in gran segreto. Oggi, essendo cambiata l’immagine della donna entro il contesto sociale, cambiamento che l’ha inserita in un meccanismo di relazioni che ne allontanano il concetto di un tempo di “angelo del casolare” per portarla ad un ruolo di comprimarietà con l’uomo, sia in ambito lavorativo e di relazioni sociali, la donna eguaglia l’uomo, giocando nel caso ad un ribasso, nei diritti all’evasione. D’altra parte, non è più il vino la bevanda protagonista per eccellenza, seppur il vino la faccia ancora da padrone, ma spesso si ricorre ad aperitivi.

Fatte queste precisazioni, che aiutano meglio a contestualizzare un problema, possiamo ancora affermare che, in linea generale, al nord si beve più che al sud.

I MODELLI DI CONSUMO DEI GIOVANI

Nel 2017, il 51,5% dei ragazzi e il 45,6% delle ragazze di età compresa tra 11 e 24 anni ha consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno; per entrambi i generi si rileva una diminuzione della prevalenza rispetto all’anno 2007 ma rispetto all’anno precedente si osserva un aumento delle prevalenze. Nella fascia di età 11-24 anni è soprattutto diffusa la consuetudine di bere alcolici fuori dai pasti, con una frequenza di almeno una volta a settimana, ciò indica un comportamento nel consumo di alcol adottato in modo abituale e potenzialmente a rischio. Pertanto, possiamo considerare il consumo di alcol tra i giovani, a tutt’oggi, una criticità che suggerisce di mantenere alta l’attenzione su questa fascia di popolazione.

I comportamenti a rischio sul consumo di alcol nella popolazione giovanile sono particolarmente diffusi nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni. Il fenomeno è comunque differenziato per genere, tra i ragazzi è circa il doppio rispetto alle ragazze.

Nel 2016 il consumo abituale eccedentario, nella classe di età 18-24 anni era l’1,6%, di cui il 2% maschi e l’1,3% femmine.

Nel 2017 il consumo abituale eccedentario nella stessa classe di età è stato l’1,9%, di cui il 2,7% maschi e l’1,2% femmine.

Tra i comportamenti a rischio nel consumo di bevande alcoliche tra i giovani il binge drinking rappresenta l’abitudine più diffusa e consolidata.

Nel 2016 il fenomeno del binge drinking riguardava il 17% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 21,8% erano maschi e l’11,7% erano femmine.

Nel 2017 il fenomeno del binge drinking ha riguardato il 17% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di questi il 22,3% maschi e l’11,5% femmine.

Tab-1.3 Dalla secolarizzazione dell'alcolismo al "Binge drinking"

L’abitudine da parte dei genitori ad avere almeno un tipo di comportamento a rischio nel consumo di bevande alcoliche sembra influenzare il comportamento dei figli. Infatti, il 29,5% dei ragazzi di 11-24 anni che vivono in famiglie dove entrambi i genitori adottano comportamenti a rischio nel consumo di alcol ha abitudini non moderate nel bere alcolici, mentre tale quota scende al 16,4% tra i giovani con genitori che non bevono o consumano alcolici in maniera moderata.

TAB-1.4 Dalla secolarizzazione dell'alcolismo al "Binge drinking"

L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda la totale astensione dal consumo di alcol fino ai 15 anni, in Italia con la Legge 8.11.2012 n.189 vige il divieto di somministrazione e vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni, da ciò si deduce che i giovani di età inferiore ai 18 anni che consumano anche una sola bevanda alcolica durante l’anno presentano un comportamento a rischio nel consumo di alcol.

E’ assolutamente rilevante il fatto che nella fascia di età 11-17 anni il 18,4% abbia almeno un comportamento a rischio (21,7% maschi e 14,6% femmine), valore che dovrebbe tendere allo zero.

Inoltre risulta particolarmente critico il quadro dei comportamenti a rischio tra i ragazzi di 16-17 anni, infatti già a questa età il binge drinking raggiunge con il valore del 6,9% livelli quasi equivalenti a quelli medi della popolazione (v.m.7,4%).

Tra i giovani di 18-24 anni e tra i giovanissimi di 11-17 anni è più frequente, rispetto alle altre fasce di età, l’abitudine ad effettuare l’ultimo episodio di binge drinking in discoteca o night (18-24 anni 31,3%, 11-17 anni 26,6%). In queste classi di età, se si considera soltanto chi frequenta assiduamente (più di 12 volte nell’anno) le discoteche, la quota di quanti dichiarano l’ultimo episodio in discoteca o night arriva al 50%.

Tra le bevande preferite dai giovani vi è la birra soprattutto tra i ragazzi seguita da aperitivi alcolici (alcolpops) e tra le ragazze gli aperitivi alcolici (alcolpops) seguiti dalla birra.

tipologia-di-bevande-consumate Dalla secolarizzazione dell'alcolismo al "Binge drinking"

Oltre quindi ad una “secolarizzazione” dell’approccio all’alcol, che ne estromette ogni rapporto al sacro, quindi anche nel senso di un appartenere ad un più ampio contesto, esso tra i giovani può segnare l’ingresso nel gruppo di pari, anche con la funzione summenzionata di “lubrificante sociale”.

Il giovane, appiattito come l’adulto nel sul genere sempre più indifferenziato tra uomo/donna, ricorre ad un mezzo, l’alcol per l’appunto, che viene considerato la droga più tollerata dal mondo degli adulti, seppur i dati mostrino essere la droga che miete più vittime. Oltre a questo, occorre rimarcare che sono mutate nei giovani, pure le modalità di assunzione, assumendo alcol solo in alcuni giorni della settimana, ma in maniera massiccia, fino a giungere ad uno sballo estremo. Questa pratica va sotto il nome di “Binge drinking”

Consumatori binge drinking

Il binge drinking è una modalità di consumo di bevande alcoliche sviluppatasi inizialmente nei Paesi del Nord Europa e particolarmente diffusa nelle fasce di popolazione giovanile. Con il termine binge drinking si vuole normalmente identificare una modalità di “consumo eccessivo episodico” concentrato in un arco ristretto di tempo di bevande alcoliche di qualsiasi tipo in modo consecutivo ed in Italia è da molti anni rilevato dall’ISTAT attraverso l’indagine Multiscopo sulle famiglie come un consumo di oltre 6 bicchieri di bevande alcoliche (un bicchiere corrisponde ad una UA standard contenente 12 grammi di alcol puro), indipendentemente dal sesso, concentrato in un’unica occasione di consumo.

Il fenomeno, vista la diffusione in tutti i Paesi europei dell’area mediterranea, ha portato allo sviluppo di una strategia comunitaria denominata Action plan on youth drinking and on heavy episodic drinking (binge drinking) (2014-2016) che identificava sei aree su cui è necessario intervenire per contrastare il consumo eccessivo di bevande alcoliche tra i giovani. Le priorità emerse per ridurre gli episodi di binge drinking, riguardano in particolare la riduzione dell’accessibilità e della disponibilità di bevande alcoliche, la riduzione all’esposizione alle pubblicità e al marketing legato all’alcol, la necessità di ridurre i danni causati dall’assunzione di bevande alcoliche in gravidanza e di garantire un ambiente sano e sicuro per i giovani, a cui si aggiunge la raccomandazione di migliorare le attività di ricerca e monitoraggio sul tema.

La prevalenza dei consumatori che hanno dichiarato di aver consumato 6 o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione almeno una volta negli ultimi 12 mesi nella popolazione, nel 2017 è stata pari a 11,5% tra gli uomini e 3,4% tra le donne di età superiore a 11 anni e identifica quattro milioni di binge drinker di età superiore a 11 anni, con una frequenza che cambia a seconda del genere e della classe di età

Figura-1.6 Dalla secolarizzazione dell'alcolismo al "Binge drinking"

Le percentuali di binge drinker sia di sesso maschile che femminile aumentano nell’adolescenza e raggiungono i valori massimi tra i 18-24enni (M=22,3%; F=11,5%) per poi diminuire nuovamente nelle età più anziane. La percentuale di binge drinker di sesso maschile è statisticamente superiore al sesso femminile in ogni classe di età ad eccezione dei minorenni, ossia quella fascia di popolazione per la quale la percentuale dovrebbe essere zero a causa del divieto per legge della vendita e somministrazione di bevande alcoliche.

Per riprendere quindi la metafora della bottiglia di spumante, espressa all’inizio di questa riflessione, e della sua occlusione che, non offrendo vie di fuga rischia l’implosione in manovre autodistruttive, occorre riflettere su una società, chiusa, che non permette ai giovani di avere uno sbocco possibile verso un futuro che questa società, ipercomplessa e tecnologica, ha offuscato.

Piramide-Maslow Dalla secolarizzazione dell'alcolismo al "Binge drinking"

“Il successo” è uno dei valori indicati dai giovani nella “scala sociale mondialeworld social scaleun successo che, se prima può apparire, anche grazie all’illusione offerta dai nuovi mezzi di comunicazione di massa, alla portata di tutti, poi negli effetti si scontra con patologie sociali in cui, ad esempio, il principio del merito viene reso vano dal “Familismo amorale” che impera in ogni interstizio di essa. Un altro valore espresso dai giovani è espresso dall’autorealizzazione, ma se poi, seguendo anche la Piramide della scala dei bisogni di Maslow si aggiunge che, nell’attuale società i bisogni tornano ad indirizzarsi verso la base della piramide, quindi verso bisogni primari, dietro questo ulteriore stimolo si legge uno stato di regressione dettato dalla crisi socioeconomica delle società contemporanee che non possono che spingere verso la frustrazione che descrive “l’impedimento ad un bisogno” ingenerando aggressività ed autodistruzione.

Ripensare quindi ad una società com-prendente e che dia valore ai giovani, ai meriti in funzione di obiettivi. Una società che osi ed aperta al sogno. Una società rifondata sui diritti attuati e su valori rifondati. Una società che offra uno sbocco possibilista ad ognuno ed indirizzata al suo vertice, da queste basi, anche da queste, occorre noi si riparta per dar spazio e sfogo ai giovani ed alla loro connaturale energia, con l’obiettivo di avere una società, giusta e più consapevole.


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