Pannelli Sociali

Per una sociologia agita ed agente

L’integrazione dell’ ospite anziano nelle strutture

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Sii ospite con l’ospite, recita un detto orientale.

Tra le questioni che mi si posero di fronte, al momento della progettazione sostanziale e contenutistica del P.A.I vi fu il caso dell’integrazione della persona con il nuovo ambiente che, lo ricordo, è a carattere residenziale, se si parla di case di Riposo o di RP.

Una delle figure interne al P.A.I e che ha funzioni di raccordo, è quella del Tutor

Il Tutor è generalmente un operatore sociosanitario (OSS) che in tale veste, va ad occuparsi in maniera particolare di quella data persona inserita in struttura, tiene i rapporti più stretti con famigliari, congiunti e/o legami affettivi significativi, è colui che viene convocato al P.A.I essendo l’operatore più vicino a quel dato individuo.

Molto spesso, per esperienza, mi sono reso conto che all’anziano occorrono dei giorni per potersi adattare al nuovo contesto, ai nuovi orari, .. aggravando nella persona lo stato confusionale.

La cosa, com’è ovvio, è soggettiva. Ci sono individui che in una settimana si integrano, altri per cui occorre attendere anche un mese, altri ancora i quali non riescono in alcun modo ad integrarsi cadendo in uno stato apatico, quando non depressivo vero e proprio. In quest’ultimo caso, la discussione andrebbe riportata in sede P.A.I onde valutarne, assieme quindi anche ai familiari, l’opportunità di trovare altre soluzioni alla completa istituzionalizzazione della persona.

Consapevole quindi di questo, anche dopo aver maturato un’esperienza sul campo pluriennale, mi sono da sempre posto il problema dell’integrazione dell’ospite nella struttura che lo andrà ad accogliere.

Una delle strategie che indicai da subito è legata all’operatore (in genere OSS nel caso) il quale, nella funzione di Tutor, suggerii che, prima dell’ingresso della persona nella struttura, andasse al suo domicilio, almeno un paio di volte, magari accompagnato/a dall’assistente sociale o dallo stesso responsabile del PAI con l’intento di familiarizzare e di raccogliere informazioni riguardo abitudini, hobbyes, modalità di interagire, in un contesto a lui familiare… In questo modo, anziano ed operatore vengono facilitati ad una relazione che possa dirsi efficace e che renda al minimo le naturali diffidenze verso chi non si conosce.

Di converso, dopo che operatore e persona anziana hanno avuto modo di far conoscenza in un ambito familiare per chi vive una condizione di svantaggio, occorre fare in modo che l’anziano stesso, prima dell’ingresso definitivo, venga condotto in struttura un paio di volte dagli stessi familiari o da un legame affettivo significativo nei momenti in cui l’operatore, che andrà a rivestire la funzione di Tutor è in turno. In questo modo la persona anziana non avrà di fronte un perfetto sconosciuto, ma una figura con cui ha già avuto modo di relazionarsi in un ambiente non ostile e di cui è più facile fidarsi ed affidarsi.

Ciò andrebbe fatto, ma anche qui il condizionale m’è d’obbligo in quanto questa prassi viene disattesa da problemi che si sogliono evidenziare come, strutturali, logistici, non funzionali al sistema di riferimento (socio-sanitario) disorganizzato e scarsamente integrato e .. non da ultimo, dall’emergenzialità sistematica con cui vengono in genere affrontate certe problematiche.


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